DOTT.SSA SIMONACASTELLUCCIA

Psicologia a Arteterapia: Mitologia clinica: James Hillman e il ritorno alla Grecia

lunedì 27 marzo 2017

Mitologia clinica: James Hillman e il ritorno alla Grecia


"Degli effetti psicologici delle figure dei miti, ovvero di quella che si potrebbe definire "mitologia clinica" ho trattato in molti dei miei lavori pubblicati" (1) afferma James Hillman e davvero leggendo i suoi testi non si può non rimanere colpiti da come lo psicologo sia riuscito a dare un significato attuale alla mitologia classica, greca in particolare.

Atena, G.Klimt


Alla base dell'operazione che Luigi Aversa ha definito di grecizzazione della psicologia analitica”(2) Hillman ci offre una visione nuova degli archetipi di Jung,  concepiti politeisticamente nella pluralità delle voci delle immagini che si manifestano nella psiche e che la abitano e che la psicologia ha il compito esclusivo di lasciar parlare e manifestare.

Ma perché proprio la mitologia greca è così importante per Hillman? Che cosa spinge l'autore a immergersi proprio in questo mondo tra i tanti vissuti e raccontati dall'umanità?
Nel primo capitolo del “Saggio su Pan”, “Il ritorno alla Grecia”, sono proprio questi aspetti ad essere indagati: non solo un ritorno alla Grecia come ricerca delle proprie origini culturali e storiche ma come comprensione psicologica.

Danae, G.Klimt
Quando la visione dominante che tiene assieme un periodo della cultura si incrina, la coscienza regredisce in contenitori più antichi, cercando fonti di sopravvivenza che offrano anche fonti di rinascita (3).
La rinascita è possibile solo dopo che si è tornati indietro, alla fonte, in una regressione resa necessaria dalla mancanza di risposte nell'attualità e nel presente della vita di ognuno. Secondo Hillman esistono fondamentalmente due alternative di regressione: l’ellenismo con il suo politeismo e l’ebraismo con la concezione egoica del monoteismo.
C’è una Bibbia nella stanza da letto di ogni giovane nomade, dove molto meglio figurerebbe lOdissea.(4)
La complessità politeistica greca allude alle nostre complicate e inesplorate situazioni psichiche. Offre continue possibilità di riconoscimento e rispecchiamento, ogni  emozione, sentimento, avvenimento può trovare un'eco in un personaggio mitologico in una vicenda mitologica narrata.
Lellenismo favorisce il rinnovamento offrendo un più ampio spazio e unaltra specie di benedizione allintera gamma di immagini, sentimenti e strani principi morali che sono le nostre vere nature psichiche. Essi non hanno bisogno di essere liberati dal male se non li immaginiamo già allinizio come maligni.(5)
Anfora del "Pittore di Issone" Medea che uccide i suoi figli
E ancora:
La psicologia archetipica si rivolge alla mitologia.
I mitemi in cui compaiono gli Dei sono stracolmi di comportamenti che, da un’ottica secolare, andrebbero classificati come patologia criminale, mostruosità morale o disturbi della personalità. 
La nostra individuale completezza richiede le nostre patologizzazioni. (6)

LA NOSTRA INDIVIDUALE COMPLETEZZA RICHIEDE LE NOSTRE PATOLOGIZZAZIONI! 
Che rivoluzione! Come dire che abbiamo bisogno di tutto quello che viviamo, l'amore, l'odio, l'invidia, la rabbia, la paura della morte, i pensieri omicidi, la depressione e via dicendo per essere completi. Significa che non dobbiamo più lottare contro di essi o cercare di "controllarli" ma possiamo in primo luogo accoglierli. E il monoteismo non riesce a contenere tutti i pezzi in cui si è disintegrato l’uomo moderno, per questo ci rivolgiamo alla Grecia. 
Una delle intuizioni più profonde e, a mio parere geniali, di Hillman consiste proprio nel rovesciamento di prospettiva del concetto di patologico/ non patologico. 
Se pensiamo che nel DSM 5 ( Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) sono presenti attualmente più di 370 disturbi mentali non possiamo non riflettere sulla tendenza attuale a diagnosticare patologicamente ogni cosa.

In questa prospettiva è come se Hillman ci stesse dicendo: questa complessità, questo caos che viviamo continuamente e che, a volte ci fa così paura, è la vita stessa e abbiamo un enorme bisogno di un "luogo" in cui poterla depositare, lasciare riposare, così com'è.  Questo luogo è la Grecia.

Correggio, Giove e Io
Nessun altra mitologia a noi nota evoluta o primitiva, antica o moderna può vantare un grado di complessità e sistematicità tanto elevata quanto quella greca. La Grecia fornisce un modello policentrico che è il frutto del politeismo più riccamente elaborato di tutte le culture, e così può contenere il caos delle personalità secondarie e degli impulsi autonomi di una disciplina, di unepoca, di un individuo. Dietro e dentro tutta la cultura greca nellarte, nel pensiero e nellazione -  c’è il suo  sfondo mitico policentrico. (7)
Quest’ultima riflessione costituisce uno dei fondamenti teorici alla base della psicologia archetipica.
Nel fondamentale libro “Il sogno e il mondo infero” Hillman approfondisce ulteriormente questo suo punto di vista e arriva a dire che esiste una intercambiabilità tra mitologia e psicologia:
La mitologia è una psicologia dellantichità. La psicologia è una mitologia dellepoca moderna. Gli antichi  non avevano una psicologia, in senso stretto, ma avevano i miti, racconti congetturali sugli esseri umani nella loro relazione con forze e immagini più che umane.(8)
E il parlare di "mitologia clinica" è possibile proprio perché 
la mitologia ci mostra che una difficoltà può appartenere a molti Dei ed essere fantasticata in vari  modi. […] Allinterno del mito troviamo insieme la patologia e la cura. (9)
Queste bellissime riflessioni di Hillman mi portano ad immaginarmi un grande contenitore mitico dentro il quale possono essere messe le parole, le paure, le immagini di ogni persona che sta svolgendo un percorso per affrontare un momento di difficoltà o aspetti problematici di sé: la scoperta di un modello mitico collegato alla propria vita approfondisce la comprensione di sé.
Esperienze, sentimenti, emozioni e momenti della vita di ogni individuo, che potrebbero sembrare  accidentali o frammentari, appartengono a tutti.

Collegare la propria storia con i miti permette ad ogni individuo di sentirsi una parte di un tutto universale, di non sentirsi solo.

Chiudo questo articolo con un pensiero di Cesare Pavese, scritto nel 1952:
Tutto il problema della vita è dunque questo: come rompere la propria solitudine, come comunicare con gli altri. […] Piace di tanto in tanto avere un otre in cui versare e poi bervi se stessi: dato che dagli altri chiediamo ciò che abbiamo già in noi. (10)




Bibliografia:

(1) Hillman, J. Figure del mito, Ed. Alelphi, 2014
(2) Aversa L. Alcune riflessioni sul pensiero di James Hillman. Il senso della teoria psicoanalitica. “Giornale Critico di Psicologia Dinamica”, n 21, 1987, p. 101 citato in Recalcati M. Introduzione alla psicoanalisi contemporanea. Mondadori Bruno, 2003, p. 163
(1) Hillman J. Saggio su Pan. Milano, Ed. Adelphi, 1989
(2) Ibidem 
(3) Ibidem 
(4) Ibidem 
(5) Ibidem 
(6) Hillman JLa vana fuga dagli dei. Ed Adelphi, 1988
(7) Hillman J. Saggio su Pan. Milano, Ed. Adelphi, 1989(7
(8) Hillman J. Il sogno e il mondo infero. Milano, Ed Adelphi, 1989
(9) Hillman J. Il mito dellanalisi. Ed Adelphi, 2012
(10) Pavese C. Il mestiere di vivere, 1952, Giulio Einaudi Editore
8

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